Museo Etnografico di Aquilonia Beniamino Tartaglia

Territorio

Cenni storici

Aquilonia è il nome originario di un’antica cittadina osca, uno dei centri più importanti del Sannio che fu distrutta dai Romani in seguito alla Battaglia di Aquilonia del 293 a.C., citata da Tito Livio.

Il comune che oggi porta il nome di Aquilonia si è chiamato Carbonara fino al 1862. Il centro medievale di Carbonara viene riedificato dai Longobardi e subisce, nel 1078, una nuova distruzione da parte dei Normanni.

La popolazione, oltre che nel centro di Carbonara, fino al XV sec. visse distribuita in vari casali, dei quali rimangono i toponimi: Casalvetere, Pietrapalomba, Pesco di Rago. Il feudo di Carbonara appartenne ai Del Balzo, ai Caracciolo e agli Imperiale. Nel 1860, una violenta sommossa antiunitaria provocò nove vittime. Ne seguí una sanguinosa repressione e la rimozione, a scopo punitivo, del nome del paese, con il recupero dell’antico nome di Aquilonia. Nel frattempo, nel 1861 il paese fu conquistato per pochi giorni dal brigante Carmine “Crocco” Donatelli e dalla sua banda.

Il centro urbano di Carbonara/Aquilonia fu danneggiato da periodici terremoti, l’ultimo dei quali, nel 1930, risultò catastrofico. Lo Stato fascista decise di non eseguire la pur possibile ricostruzione del centro antico, ma di realizzare un insediamento completamente nuovo, causando l’abbandono e la rovina della vecchia Carbonara/Aquilonia. Il nuovo abitato fu delocalizzato a circa 2 Km dal vecchio: la divisione in piccole insulae, le strade larghe e rettilinee ne fanno una moderna cittadina in cui si soggiorna piacevolmente.

Il Parco archeologico del centro antico di Carbonara

A meno di due chilometri di distanza dal centro di Aquilonia, è ubicato il Parco Archeologico del Centro Antico di Carbonara. Si tratta di un Parco di grandi dimensioni, che presenta ancora intatto il tessuto urbano, prima abbandonato all’incuria dopo il terremoto del 1930 e poi riportato alla luce in anni recenti.

 

Ai visitatori che ogni giorno l’attraversano, l’antica Carbonara, appare come una Pompei medievale.
Oltre alla bellissima pavimentazione di Piazza Municipio, dove sorgevano le due chiese (S. Giovanni e l’Immacolata), il Municipio, la Pretura, il Monte Frumentario e le Carceri, si possono ammirare anche i resti di antichi palazzi, nonché testimonianze dei un castello preesistente. La Piazza, ricomposta con le quinte dei palazzi e delle chiese, è oggi tornata ad essere un luogo della e per la comunità, dove essa possa ritrovare davanti ai propri occhi un luogo della propria storia collettiva. Grazie al suo notevole impatto scenografico, accoglie inoltre manifestazioni e rappresentazioni.

 

 

Il recupero del nucleo medievale di Carbonara, che oggi costituisce il Parco, è frutto del lavoro decennale dell’architetto Donato Tartaglia, che contribuì in maniera determinante a promuovere l’intervento e a finanziarlo, e fu il responsabile della sua realizzazione anche sotto il profilo tecnico. La riscoperta e il recupero del centro antico da parte dell’architetto Tartaglia rappresentarono un atto di profondo rispetto per la comunità e il territorio, un atto di resistenza civile rispetto alla storia di distruzione, abbandono, incuria e oblio cui Carbonara sembrava destinata.

 

 

Sempre nel Parco, presso il Borgo Croce, in un edificio interamente recuperato e adattato a esigenze espositive è stato allestito con una esposizione sperimentale fatta di documenti storici, grafici, foto, filmati d’epoca, video e pannelli esplicativi: il Museo delle città itineranti. Esso documenta la vicenda di quei paesi d’Italia che, come Aquilonia, per effetto di eventi sismici hanno nei secoli dovuto cambiare sito e le cui comunità hanno di recente riscoperto e rivalutato quelli originari, restituendoli a nuova vita.

Nelle vicinanze del Parco di Carbonara è inoltre raggiungibile il complesso monumentale dell’antica fontana-lavatoio del XVIII secolo, oggetto di recente intervento di manutenzione.

La badia di san Vito

A circa due km dal centro urbano, in aperta campagna, è ubicata la Badia di S. Vito, affiancata da un’imponente Torre campanaria, che si sviluppa su tre distinti livelli, terminando con una cuspide piramidale. All’interno, tra le varie opere d’arte si segnalano alcune tele interessanti e sculture lignee di notevole valore artistico. Di fronte alla Chiesa, si sviluppa uno spazio verde in cui si erge maestosa una quercia secolare, annoverata tra gli alberi monumentali della regione Campania.

L’attuale badia di san Vito è quanto i secoli hanno lasciato visibile della chiesa abbaziale dell’antico monastero benedettino di san Leonardo de Carbonaria, sorto nel XII secolo in epoca normanna. La prima notizia certa relativa a san Leonardo risale al 1269, e riguarda non il monastero ma il casale che sorgeva nelle sue vicinanze, che a quest’epoca era sotto la signoria della famiglia feudale della vicina Bisaccia.

In età angioina l’abbazia di San Leonardo de Carbonaria fu una domus hospitalis, ossia una tappa lungo la strada che conduceva da Benevento verso la Puglia, i porti di imbarco, verso il Vulture e il melfese. Nel 1278 e nel 1279 il re angioino Carlo I d’Angiò, nei suoi viaggi da Roma e da Napoli verso Melfi si fermò anche presso san Leonardo de Carbonaria.

L’abbazia di san Leonardo decadde nei sec. XIV e XV. Fu in questo periodo che la chiesa abbaziale dell’antico monastero medievale di san Leonardo de Carbonaria, sopravvissuta in qualche modo alla rovina del monastero, ricevette nuova destinazione funzionale e divenne la “nuova” badia dedicata al patrono del paese, san Vito martire, la cui festa liturgica cade il 15 giugno.

La “nuova” chiesa dedicata a San Vito, che mantenne tuttavia il tradizionale titolo di “badia” (anche se priva ormai di abate e di comunità monastica) divenne un beneficio concistoriale, ossia un bene assegnato a un ecclesiastico (cardinale o vescovo) direttamente dalla curia pontificia. Tale condizione durò, con fasi alterne, fino al 1790, allorquando la badia di San Vito fu devoluta alla corona di Napoli e divenne così “regia badia” di San Vito martire.

La chiesa, molto rovinata, fu restaurata con il concorso del popolo, alla metà del XIX secolo. Più tardi, nel 1871, fu eretto anche il nuovo campanile. Oggi i più recenti lavori di de-restauro hanno posto in luce le antiche strutture murarie dei secoli passati. Nuovi saggi di studio sono previsti per approfondire la conoscenza della storia del complesso monastico e dell’insediamento medievale.

Patrimonio ambientale e naturalistico

Aquilonia è inserita nel paesaggio tipico delle zone sub-appenniniche, che alterna ampie zone collinari e larghe depressioni vallive. È un territorio caratterizzato da numerosi corsi d’acqua, su tutti l’Ofanto. L’agricoltura costituisce la risorsa principale e produce soprattutto cereali; ma non mancano le coltivazioni foraggiere, come pure vigneti e oliveti. È ancora presente l’allevamento degli ovini, di rilievo è la produzione del caciocavallo podalico. Il territorio ha un’estensione di circa 55 kmq ed è caratterizzato da ampie zone boschive, con la presenza di ben 2 Siti di Interesse Comunitario ai sensi della Direttiva 92/43 CEE HABITAT (Aree SIC): il Lago di S. Pietro Aquilaverde, bacino artificiale di circa 17.100 mc. ottenuto dallo sbarramento del torrente Osento, affluente di sinistra dell’Ofanto, ed il Bosco di Zampaglione che interessa anche i comuni di Calitri, Bisaccia e Monteverde. 

I paesi cugini

Aquilonia si trova nella punta orientale della Campania e dell’Irpinia assieme ad altri quattro paesi, a cui è strettamente legata per  storia e cultura.

Bisaccia è il comune con il territorio più esteso. Spicca al suo interno il bellissimo Castello Ducale, eretto in età longobarda e poi oggetto di ripetuti eventi distruttivi e ricostruzioni. Oggi il Castello è integralmente restaurato ed accoglie, al piano inferiore, il Museo Civico Archeologico, che espone circa 800 reperti provenienti da 50 corredi funebri dell’Età del Ferro ritrovati nel territorio comunale, a testimonianza di una storia antichissima e stratificata. Bisaccia è il paese natale e di vita del poeta e paesologo Franco Arminio.

Calitri è il paese maggiore per popolazione. Riconoscibilissimo per il particolare skyline del centro storico, fatto di case e vie arroccate, è sormontato dal Borgo Castello, sito originario di un castello distrutto addosso alle cui rovine fu ricostruita una parte di abitato, poi andata distrutta nel terremoto del 1980. Il successivo intervento di recupero architettonico ha reso oggi leggibile la complessa stratificazione storica, con evidenze tanto dell’antico castello quanto delle successive fasi abitative. A Calitri è associata una importante tradizione ceramista, valorizzata grazie al Museo della Ceramica. Il paese è ricco di folklore e tradizioni legate ai luoghi, che fanno spesso da base tematica dello Sponz Fest di Vinicio Capossela (di famiglia calitrana), che qui ha luogo ogni estate da ormai dieci anni. Calitri è sede di produzioni casearie di pregio.

Lacedonia è probabilmente il paese più vicino all’antico insediamento osco di Aquilonia. Oggi rilevante nell’area per il suo posizionamento (vicino al casello autostradale, dove sorge una piccola area industriale), Lacedonia è stata inconsapevole protagonista di un interessante studio antropologico-fotografico negli anni ‘50, che ha documentato con occhio acuto e attento la vita del tempo di un’Italia appenninica e “minore”. Recuperato in anni recenti il patrimonio fotografico dell’antropologo statunitense Frank Cancian (da poco scomparso), attorno a questo è stato realizzato il MAVI – Museo Antropologico Visivo Irpino. Qui i visitatori possono ammirare tutti i 1.801 scatti di eccezionale qualità che compongono la collezione.

Monteverde è il paese più piccolo per popolazione, sede vescovile durante il Medioevo. Riconosciuto come uno dei borghi più belli d’Italia, è incoronato al suo centro e sommità dal Castello Baronale, restaurato dopo decenni di incuria e abbandono dall’architetto Donato Tartaglia. All’interno del Castello è ospitato il MiGra, museo interattivo sul grano. Il comune sta investendo su un progetto pilota incentrato sull’accessibilità del borgo da parte di soggetti con deficit motori o sensoriali. Monteverde è sede di una tradizione nella produzione d’organi e, più recentemente, di una riconversione della coltura cerealicola in produzione birraia di alto pregio.

Prenota una visita al MEdA