Confezionava scarpe su misura o ne riparava le parti logore, consumate o rotte con pezze, mezzesuole e tacchi, sia nella sua bottega sia presso le abitazioni dei clienti, dove si recava, portando con sé attrezzi e materiali necessari, per uno o piú giorni o per intere settimane (se si trattava di nuclei familiari composti da molte persone), ripagato anche con vitto ed eventualmente alloggio.
Era molto impegnato, specie per le riparazioni, nei mesi autunnali (a fine raccolto ed all’inizio dei nuovi lavori agricoli) ed il sabato; per le scarpe nuove, nei mesi invernali ed in prossimità di matrimoni (le calzature facevano parte del corredo).
La materia prima per la sua attività era costituita dal cuoio e dalla pelle (sòla e vacchètta) di bovini e, per le scarpe piú leggere o “della festa”, dalla pelle di capretto.
Gli strumenti di lavoro erano: un deschetto (bangariélle) dal piano diviso in scomparti; forme di legno, di tutte le grandezze e per tutte le età, per maschi e per femmine; forme di ferro (semplici e triplici; anche su lunga colonna, se per stivali); martelli di foggia particolare (da un lato a testa piatta e circolare, dall’altra a scalpello senza taglio); coltelli a taglio obliquo, privi di un vero e proprio manico; lesine (assùglie); punteruoli; una tinozza per l’ammollo del cuoio; lucidatori e sagomatori di ferro e di legno di varie fogge (père re puórche); zigrinatori di orli; tenagliette e tenaglie tipiche; attrezzi per praticare buchi (percètt) e per sistemare i ganci in metallo; un pannello di legno su cui tagliare cuoio e pelle; una pietra piatta su cui compattarli a colpi di martello dopo averli bagnati; una macchina da cucire a braccio lungo; raspe e lime; grembiule (vandèra), cavaforme.
I materiali accessori erano: tacchetti di metallo a mezza luna per proteggere le estremità della scarpa (punta e tacco) da un rapido consumo, chiodi (tacce) per pianta e tacco di varia grandezza, forma e consistenza (alcuni, “tacce a dóie bòtte”, per proteggere non solo la parte sottostante ma anche il bordo dai frequenti urti); chiodini di ferro dolce (semigge) e chiodi (pundíne) di diversa dimensione; spago, setole e pece; grasso animale per lacci di cuoio; cunei di legno per otturare i buchi nella suola.
Misurava con estrema attenzione i piedi dei clienti, solitamente deformati o ingrossati da calli, geloni, duroni e da modificazioni strutturali (dovute alla frequentazione di luoghi disagevoli, fangosi, crepacciati, sdrucciolevoli ed esposti a tutte le variazioni climatiche); risagomava con pezzi di cuoio le forme standard di legno (per realizzare scarpe in grado di ricevere comodamente i piedi); seduto davanti ad un banchetto colmo di attrezzi di piú frequente uso, applicando sulla pelle e sul cuoio modelli in cartoncino, tagliava i pezzi occorrenti ed assemblava con cotone o spago, a macchina o a mano, quelli riguardanti la parte superiore (tomaia), inserendovi dei rinforzi (calcagno e punta) e sistemandola poi sulla forma di legno.
Aggrappatavi perimetralmente una solida striscia di cuoio (huardiungièlle) con una altrettanto solida cucitura a mano con spago impeciato, vi agganciava, con un faticosissimo lavoro di una ulteriore cucitura, vari strati di cuoio; e, con altri opportunamente sagomati, costruiva il tacco che chiodava come la pianta.
Per ultimo, rifiniva e lucidava tutti i bordi con uno o piú attrezzi di ferro e di legno; praticava buchi e vi sistemava asole, per l’allacciatura.
Costruiva lacci, anche con pelle di cane; riciclava tomaie vecchie ma in discrete condizioni, per confezionare nuove scarpe; ed effettuava tutte le riparazioni del caso, facendo spesso miracoli.
In collaborazione col falegname, che preparava le piante in legno tenero (pioppo o frassino), ben sagomate anatomicamente, costruiva gli zoccoli, applicandovi, con chiodi a testa larga, strisce di cuoio variamente disposte.
Produceva scarpine per la prima infanzia, scarponi da lavoro (per giovani e vecchi, uomini e donne), scarpe per la festa, gambali, stivaletti per donne, stivaloni, lacci (cruscióle) e cinture (currésce).
È raro trovare oggi un calzolaio che confezioni scarpe nuove: i capricci della moda ne impongono una continua e frequente sostituzione, a cui provvede rapidamente ed esclusivamente la produzione industriale.
He would make custom shoes and repair worn parts with patches, half soles and heels, in his workshop or in customers’ homes, rewarded with food, and, if necessary, with lodging.
A very busy man, especially in autumn and winter mounths, and nigh to marriages ( footwear was part of the wedding fit).
The raw material for his business consisted in leather and bovine raw hide; a young goat’s hide would be used for shoes for special occasions.
The tools of the trade were simple but specific.
He would measure customers’ feet, usually swollen and thickened by callouses, frostbite and corns and he would fix the shape of standard wooden models with leather patches, sewn together accurately with tarred twine, inserting reinforcers to the heel and toes. after this, he would fix metal cleats on the edges and soles with tiny nails, to protect the shoe from being worn out, and then grease the shoe with animal fat to soften the leather and hide. at last, he would refinish and polish all the edges with wooden and metal tools, and make the holes for the laces.
Laces were occasionally made from dog hide as well.
His merchandise was shoes for infants and young children, working shoes, shoes for holidays and Occasions, leggings, boots, laces and belts.
It is nowadays rare to find a shoemaker that produces or repairs footwear.
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