Museo Etnografico di Aquilonia Beniamino Tartaglia

Formaggio

Cheese

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La lavorazione del latte avveniva o in casa o nelle casère situate in prossimità degli stazzi (iazz), dei recinti e degli ovili; ed i suoi derivati erano il formaggio (càso), il cacioricotta (caserecòtta), la ricotta (recòtta), il provolone (casecavadd), il burro, i butirri, le “trecce” (trézz), le provole, i pupazzetti per la dentizione.

Il casaro era dotato di preparazione specifica, esperienza ed abilità e conosceva bene le “operazioni chimiche” della sua attività.

Lavava con attenzione gli attrezzi da usare (secchi e mastelli); e, attraverso un filtro di legno (culatúro) cosparso di erbe (culàma), versava il latte parzialmente scremato o intero nella caldaia (càcchevo). Questa era o appesa ad un àrgano girevole (mòneche), che consentiva di spostarla senza troppa fatica dal focolare ad un piano inclinato di lavoro, spersola (tumbagn), e di interromperne e riprenderne il riscaldamento; o ad una catena di camino, anche di legno (camastra); o ad un supporto orizzontale retto da due pali a forcella conficcati nel terreno; o poggiata su un rudimentale focolare costituito da poche pietre giustapposte. Il casaro vi accendeva sotto il fuoco e, quando il latte giungeva alla temperatura di 30° circa (rilevabili con un termometro o immergendovi un dito), vi versava il caglio (quaglie), un liquido contenuto in una sacca naturale asportata ad un agnello o ad un capretto appena nati, che lo faceva coagulare. Controllando che il fuoco fosse costante e regolare, con un frangicagliata (ruótelo o bastóne), che costruiva con le sue mani (in varie fogge), continuava a mescolare il latte per circa mezz’ora, fino a quando non si fosse ben coagulato ed amalgamato. Iniziava allora a manipolare la pasta che si era raddensata, dopo averla estratta con cucchiaioni e mestoloni di legno dalla caldaia e poggiata sulla spersola. La versava, poi, in ciotole, in fiscelle di giunchi o in forme circolari di legno regolabili, in cui il formaggio assumeva l’aspetto caratteristico di pezza (masciòttela). Tenuto sotto sale per una ventina di giorni (con risalature quotidiane), era sistemato infine in locali con temperatura ed umidità idonee alla sua stagionatura, rigirato piú volte ed oliato con regolarità perché maturasse e si asciugasse nelle migliori condizioni. Su tavole o graticci di canne o nelle moscaiuole (sospese alle travi), faceva bella mostra di sé nelle abitazioni contadine e non. Veniva conservato anche nei granai, immerso nel grano.

Altri derivati del latte erano tre tipi di ricotta, la mantèca ed il burro. La prima si ricavava dal siero rimasto dopo la produzione del formaggio, aggiungendovi limone o aceto e nuovamente caglio e scaldando il tutto a fuoco lento. La seconda, ripetendo l’operazione. La terza, di pessima qualità (la cutumara), con un ultimo tentativo.

Il burro lo si ricavava dalla panna prodotta naturalmente dal latte tenuto a riposo, al fresco e per almeno 10 ore, in recipienti larghi e piuttosto bassi; oppure dalla parte grassa ottenuta dalla scrematura del siero rimasto nella caldaia o sgocciolato dalla spersola. Entrambe (panna e parte grassa) erano versate in vasi o bottiglie o ciotole da agitare fortemente, oppure in zàngole, e montate o da uno stantuffo a mano (zàngola verticale) o da pale ruotanti mosse da una manovella (zàngola orizzontale). Prima che il burro si indurisse, lo si modellava versandolo in forme varie di legno o lo si imprigionava (soluzione frequente nel nostro territorio) in contenitori sferici chiusi (butirr), spessi circa 1 cm. e dal diametro di circa 10 cm., abilmente costruiti a mano con pasta di caciocavallo (un formaggio particolare di forma parasferica oblunga).

Tutto il siero di risulta era utilizzato per ricavarne burro scadente e per preparare o la zuppa alle persone o i pastoni agli animali.

La tradizionale attività del casaro, ormai antieconomica, va quasi del tutto scomparendo: il latte viene raccolto e trasformato dai grandi caseifici industriali.

Milk was used to make cheese, and this usually was done in the house or near the stables. The different kind of milk products were cacioricotta (ricotta cheese) ricotta, provolone, cheese-butter, “provole” and cheese dolls for teething children.

The cheese maker was always an expert and very good at his craft. He used several utensils to work with. He filtered the milk through wood sticks covered with a thick type of grass, and then poured it into a metal pot hung over the fireplace.

When the milk reached the right temperature (30 degrees Centigrade which he could read on a floating type thermometer, or by immersing his elbow into the hot milk) he then put in the “caglio” a coagulant agent, which was extracted from the stomach of a baby goat. He then continued to monitor the temperature of the mixture and stirred it constantly with a wooden stick till all the mixture was well amalgamated and the cheese had fully separated from the whey. He then started to work the cheese paste and set it in container forms made of straw and cane. The cheese in this container was covered in a layer of salt and the process was repeated several times. The cheese in its container was then placed in a dry location so it could mature. They were placed on cane racks, or in cages to keep it away from insects and pests. It was often kept inside the granary immersed in the wheat grains.

Other milk products were three kinds of ricotta cheese, the “Manteca” and the cheese butter.

The ricotta was made from the whey left over from making the cheese. To the whey were added lemon juice or vinegar, and then the whole thing was reheated over a slow flame. The Manteca used the whey left from the ricotta production and was of lesser quality. The last pass produced a Manteca that was of the poorest quality.

Butter cheese was made from the cream that milk produces from being left in the open in a cool place for at least ten hours. It was also made from the fatty portions of the whey left over during the cheese production. Both the fatty of the whey and the cream were poured into bottles. These then were vigorously shaken. Before the butter-cheese could harden, it was poured into closed circular containers, about one centimeter thick and ten centimeters in diameter. These containers were skillfully produced and were made of caciocavallo or provolone cheese paste.

The left over whey was used to make butter of lesser quality or to prepare soup or mostly to mix in with feed to give to the farm animals.

This cheese maker tradition has all but disappeared nowadays.