Stagnino

Artigiano semiambulante, riparava padelle (tiéddre), pentole, tegami (sartàscene), caldaie, paioli (cauraróle), conche, tinozze, “stufaróle” e tutti quegli oggetti in rame, che venivano usati per cucinare e conservare pietanze. Se li portava in bottega quando i lavori di riparazione richiedevano l’uso di attrezzi particolari che non poteva recare con sé.

Sostituiva manici rotti, rifaceva il fondo alle pentole, rattoppava i paioli bucati e rivestiva con una patina di stagno gli oggetti destinati a contenere a lungo cibi cotti.

Costruiva oggetti in rame o latta: scaldini, casseruole, mestoli (cuppíne), palette, forchettoni (cacciacarne), schiumarole (šcummarèddre), brocche, coperchi, misure per liquidi, imbuti, lampade a petrolio, gronde (canàle), “ruóte”. Riparava pompe, per l’irrorazione dei vigneti, e bracieri. Realizzava anche articoli ornamentali di pregio.

Per la sua attività si serviva di strumenti particolari: martelletti per sbalzare il rame e martelli di ferro e di legno per batterlo; incudini di diverse forme per sagomarlo, bombarlo, angolarlo e piegarlo; cesoie di grandezza varia, una forgia, sagome in legno, una rivettatrice, pinze, tenaglie, morsetti, punteruoli ed un trapano con punte diverse.

Per i suoi spostamenti, utilizzava un carrettino a mano o una bicicletta attrezzata all’uopo.

I nuovi materiali e le moderne tecniche produttive hanno quasi del tutto soppiantato il lavoro dello stagnino tradizionale. Alla produzione di oggetti ornamentali in rame battuto si dedica ancora solo qualche anziano.