Museo Etnografico di Aquilonia Beniamino Tartaglia

Alimentazione contadina

Rural food

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Alla base dell’alimentazione contadina c’era una cucina semplice e robusta, fatta di ingredienti provenienti dai campi, dal bosco, dai pascoli, dai fiumi, dalla stalla e dall’orto. Si acquistavano solamente il sale, lo zucchero, il pesce conservato e pochi altri prodotti. Cereali, legumi, patate, mais, ortaggi, uova, carne, conserva di pomodoro, miele, olio, latte, formaggio, vino e sale servivano a nutrire gente impegnata in duri lavori fisici e che aveva bisogno di cibi consistenti e sapidi e di piatti sostanziosi e ben colmi: occorreva riempire lo stomaco, che spesso rimaneva insoddisfatto e solo poche volte completamente appagato negli stimoli della fame (non si diceva: “Ho appetito”, ma “tèngh fama”). Sul desco non rimaneva quasi mai niente; quando qualche parte di cibo avanzava, la si riciclava o la si riscaldava per i pasti successivi. Pareva che non esistessero problemi di digestione; quando ce n’erano, si era propensi a credere che dipendessero dalla scarsità del cibo (“Mangia ca t passa”).

Il granaio (casció-n) pieno, la pertica (pèrt-ca) ben fornita, qualche botte (vótta) di vino ed una giara (fusína) di olio garantivano alla vita familiare sicurezza, stabilità e continuità per un anno, specie se la padrona di casa sapeva distribuire sapientemente le risorse, “regolandosi” con buon senso e giudizio. La consapevolezza di poter disporre di beni indispensabili anche in periodi di scarsità e carestia e di poter sopperire a ristrettezze e bisogni di tempi non facilmente prevedibili costituiva un elemento equilibratore e rasserenante.

L’alimentazione era condizionata dal corso delle stagioni: in autunno c’era abbondanza di latte e frutta; d’inverno, anche per combatterne i rigori, si faceva piú ricorso al grasso del maiale appena ammazzato; fino a Pasqua, ad ortaggi ed erbe selvatiche (anche in coincidenza con la Quaresima); in piena primavera e per tutta l’estate si dava fondo alle riserve, nella prospettiva di un buon raccolto.

Il pasto era costituito dal pane accompagnato o da una sola pietanza (pasta asciutta, minestra, verdura, baccalà) o dal companatico (salame, formaggio, ortaggi ed erbe selvatiche).

Facevano eccezione i pranzi di Natale, Capodanno, Carnevale e Pasqua; della festa del S. Patrono, di quella dell’Assunta e dell’Immacolata Concezione; e di altre poche occasioni laiche in cui si mangiava a volontà: banchetti nuziali, pranzi funebri, ammazzamento del maiale e completamento di lavori importanti come la mietitura e la copertura di una nuova costruzione (ca-p-cana-l).

La rassegna presentata in questo stand pone in evidenza soprattutto quelle pietanze che, abituali nel passato, sono ora scomparse del tutto o tendono a scomparire o la cui preparazione è stata modificata, con l’intento di renderle meno forti, pesanti e ruvide al nostro palato e piú adatte al nostro stomaco ed alle esigenze attuali (meno calorie).

Alle sostanze di base già citate si aggiungevano, come ingredienti caratterizzanti dell’alimentazione di una volta: basilico (va-s-nicola), prezzemolo (putr-si-n), origano (aré-h-na), salvia, rosmarino, aglio, cipolla, sedano [acc(e)], carota, ràfano, lauro, ruta, pepe, aceto, garofano e cannella.

Gli attrezzi adoperati in cucina erano: taglieri (arraccialard), imbuti (mu-t), palette e mestoli (cuppi-n) di legno, coltelli vari, mortaio (pisasa-l), tostini (abbrust-latu-r), macinini [mac(e)niédd], zàngole, piatti di diversa forma e dimensioni, ceste e cestini, setacci, madie (fazzató-r), spianatoi (la-h-natu-r) e matterelli (macca-r-na-l), fiaschi, bottiglie, gramole, graticole, spiedi, secchi, vasetti, giare, caldaie, treppiedi, catena per focolare (camastra).

La cottura dei cibi avveniva su un piano di pietra o di mattoni, su graticola, sotto la cenere [sc(e)-niscia], a fuoco semplice o doppio (fuó-ch ‘ngimma e_ssótta); in paioli, pentole, pignatte, terrine, casseruole, padelle e tegami in rame.

At the base of the peasant diet were simple and hearty dishes, made from ingredients taken directly from the field, the forest, the pasture, the river, the stable and the vegetable garden. Only Salt, sugar, and dried fish were purchased, along with a few other staples.

Cereals, legumes, potatoes, corn, vegetables, eggs, meat, conserve of tomato, honey, oil, milk, cheese, wine and salt would nourish people engaged in hard, intense, physical activities in need of hearty meal. They needed tasty and large portions necessary to fill a stomach that often went unsatisfied. When there was food left over, it was saved for the next meal.

A full store of wheat, sausages hung to dry from a cane on the ceiling, a cask of wine and a large earthen jar full of olive oil, made sure that the farmer’s family made it through another year.

The meal consisted of only one dish (pasta, soup, greens and vegetables and herbs from the garden) or bread with salami, lard, cheese and dried cod fish.

The exceptions to this state of affairs were the main religious feasts and a few non-religious ones when one could eat abundantly. Such were weddings, funerals, the butchering of pigs, the completion of major work in the fields (e.g. the wheat harvest), or the completion of a new building structure.

To spice up these simple food staples they used basil, parsley, oregano, sage, rosemary, garlic, onions, shrub celery, carrots, horse radish, laurel, rue, pepper, vinegar, carnation seeds and cinnamon.

The food was cooked on flat stones or bricks, on a grill, beneath ashes, on top of a fire, in pans, earthen jars, casseroles, frying pans and other copper cookware.