Dopo la zappatura e l’aratura del terreno (mascésa), i semi (àcene) erano piantati a distanza regolare, con un piantatoio (chiandatúro) ricavato da un ramo ricurvo. Il campo veniva sarchiato (munnàto) non appena fossero spuntate le piantine, che, raggiunto che avessero un’altezza di 50/70 cm, erano scalzate e rincalzate (scauzàte e accauzàte). Prima della maturazione delle pannocchie (spíche), si asportava la parte superiore del gambo.
La raccolta avveniva in una giornata asciutta: se ne staccavano (struzzeliàveno) le pannocchie, che, trasportate con sacchi o con ceste o con carri dalla alte fiancate chiuse, andavano a formare grandi mucchi in luoghi generalmente al coperto: si era in autunno e le piogge erano piú probabili.
In gruppo, in un clima allegro e spensierato, si provvedeva alla loro scartocciatura (a scuffela’): con l’ausilio di un coltello a serramanico o di un chiodo o di un pezzo di legno sottile ed appuntito (sprócculo), le si liberava dall’involucro di foglie secche (còffele), delle quali le migliori si mettevano da parte per riempire materassi (saccúne), mentre i lunghi “peli” venivano usati dai ragazzi per simulare barbe e baffi posticci e dalle ragazze per confezionare parrucche per bambole.
La sgranatura delle spighe avveniva o col polpastrello del pollice o a colpi di clava (tàcchero) e di correggiati (manganiéll) o con panche attrezzate di ferri ricurvi e di pioli profilati emergenti.
Successivamente furono costruite macchine a manovella molto semplici, interamente in legno, compresi gli ingranaggi, che consentivano l’introduzione di una spiga per volta; e trebbiatrici meccaniche piú complesse, mosse da motori a petrolio o elettrici e dotate di una tramoggia che convogliava grandi quantità di spighe tra i loro piú articolati ingranaggi.
I torsoli o tutoli (tuózzele) venivano bruciati nel focolare e gli steli erano o adoperati per alimentare la fiamma o, sminuzzati, dati in pasto, insieme con le foglie del cartoccio, alle vacche.
Degli strumenti utilizzati per la coltivazione del mais alcuni erano comuni alle altre attività agricole (aratro, zappa, zappone, falce, coperte di tela e crivelli); altri erano specifici, come il piantatoio ed alcuni sgranatoi.
Il trebbiatore di mais era proprietario di una sgranatrice meccanica, che trasferiva nelle strade del paese o nelle contrade di campagna, in prossimità delle abitazioni dei clienti o dei luoghi del raccolto.
Versando le spighe nella tramoggia (l’apposito contenitore a tronco di piramide rovesciata) e con l’aiuto di un collaboratore (solitamente un familiare) che azionava faticosamente un grosso volano, separava i chicchi secchi dal tutolo.
Spesso era compensato in natura (qualche chilo di granturco).
Corn grains were planted at regular intervals in the furrows after the field had been tilled and plowed. They were planted using a tool mad from a curved branch.
Corn was harvested always on a dry day. The ears were separated from the stalks. They were then piled up in a corner of the field and covered up.
The peasants, usually in groups, would gather around the pile and begin to remove the leaves from the corn ears. These leaves were then dried and used as filler for mattresses. The “hair” at the tip of the ear of corn, were used by children to play with and make fake beards and moustaches for the boys or used by the young girls as wigs for their dolls.
To separate the corn grains from the cob, they used their thumb, or used a club or benches from which protruded short pieces of wood or metal.
In latter times hand driven simple wooden machinery was used for the same operation. These allowed to place in the hopper only one ear of corn at a time. Later on corn thresher were introduced which were much more complex, powered by gasoline or electric motors, with a large belt driven carrier and a hopper that allowed great quantities of corn to be processed in a short period of time.
The corn thrasher was the owner of the mechanical corn thresher. He took his machine through the village streets or in nearby farms close to where the peasant farmers had gathered their corn harvest. He would hoist the cleaned ears of corn in the machine’s hopper (it had the shape of an upside down pyramid) and with the help of laborer (usually a relative) he would spin around, with great effort, a large flywheel to make the thresher go and separate the grains of corn from the cob.
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