Museo Etnografico di Aquilonia Beniamino Tartaglia

Mietitura e spigolatura

Harvesting and gleaning

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MIETITURA
Sebbene faticosissima, era l’operazione piú gioiosa dell’annata agraria, accompagnata da frequenti pasti, da robuste bevute di vino, da stornellate e dalla certezza di aver messo finalmente al sicuro il frutto di tanti mesi di lavoro, fino ad allora esposto al rischio di temporali e grandinate che avrebbero potuto comprometterlo o distruggerlo.
Accanto alla falciatura degli steli (curm), effettuata per fasce (and), in progressione sincronizzata e con estrema attenzione per non perderne alcuno, nelle stoppie (restócce) si svolgevano altre operazioni: si assemblavano i mannelli (sciérmete) prodotti dai mietitori per dare luogo, attraverso la loro legatura (a scermeta’), solitamente opera di una donna (lehanda), ai fastelli (hrègn). Con questi venivano poi realizzati sul posto covoni a forma di capanna, piccoli (ausiéddr) e grandi (pegnúne), rispettivamente composti da 36 o 56 fastelli, con copertura a forte pendenza per evitare che si impregnassero di acqua in caso di non improbabili temporali.
Si beveva vino al termine di ogni fascia già mietuta (anda) e si festeggiava con cibi piccanti e salati, innaffiati da ancora piú copiose bevute, quando la mietitura di tutti i campi dello stesso proprietario era completata (capecanàle).

Il falciatore di cereali (metetóre) lavorava ininterrottamente da Giugno ad Agosto, recandosi prima nel Tavoliere (dove le mèssi maturavano precocemente) e poi in collina. Sin dall’inizio dell’estate, nelle piazze dei borghi agricoli, vere borse del lavoro per soli uomini, in piedi o seduti per terra, cantando e suonando l’armonica a bocca, gruppi di mietitori (paranz), armati di falce messoria, attendevano di essere arruolati per il giorno o per i giorni successivi, in cambio di denaro e viveri.
Le dita della mano sinistra erano protette da particolari guanti di canna (cannéddr); il polso avvolto in un solido bracciale (vrazzàle) e l’indice in un ditale (scarfuddr), entrambi di cuoio; e le gambe ed il petto coperti da un grembiule di rozza tela (vandèra). In testa portavano un cappellaccio di paglia (pagliètta). Piegati in avanti, segavano fasci di steli secchi (curm) e li riducevano prima a “manípele“, contenuti in una mano (manòcchie), e poi a mannelli piú grandi (sciérmete) che lasciavano cadere lungo il loro percorso.
Attività faticosissima, la loro, da praticare dall’alba al tramonto, sotto un sole cocente e nella canicola estiva: la sudorazione straordinaria veniva compensata da abbondanti libagioni e la monotonia della giornata era interrotta da canti “modulati” con voce rauca e stanca.
I mietitori provenienti dalla Puglia, dove le operazioni terminavano prima, erano detti “mareníse”.

SPIGOLATURA
Era la ricerca e la raccolta, nei campi falciati (restócce), delle spighe sfuggite ai mietitori o cadute durante la confezione dei mannelli e dei fastelli. Se ancora fornite di steli, formavano mazzetti (màttele) legati con qualcuno di essi; se prive, venivano messe in un sacchetto a tracolla: tutte, poi, finivano in un sacco o in un contenitore occasionale, per essere sgranate con una clava (tàcchero) su di un ripiano o con un correggiato (manganiéll) su una piccola aia di fortuna. Se ne ricavavano modeste quantità di grano che tuttavia avrebbero in qualche modo consentito di porre rimedio alla diffusa e cronica penuria di cibo. Per consuetudine, tutti, dopo la carratura dei covoni sulle aie, potevano liberamente entrare nelle stoppie, per spigolarvi, costretti però a dividere il grano raccolto con il proprietario del fondo (a la parta).
Praticata dai piú poveri e da quelli che non avevano neppure un terreno da coltivare, la spigolatura era un’attività stagionale faticosissima: bisognava rimanere per intere giornate, anche se solo per un mese circa all’anno, piegati in avanti e con la schiena curva sotto il sole implacabile dei mesi canicolari del solleone.
Spigolavano anche i bambini.

HARVESTING
The mowing of the cereals was probably the hardest work during the harvest. Yet it was the most joyous. Peasants ate well, sang and drank since they now knew that they were reaping the fruits of their labor and no longer had to worry about hail and rain destroying their crop.
After the stalks were mowed with a sickle, in a very careful motion so as not to miss any, there were other tasks that took place in the field. The wheat that had been cut and bundles, was picked up and put together into sheaves. Usually women did this.
The peasants drank wine when they finished mowing a section of the field of grain.Once the entire harvest was done, the peasants celebrated with spicy and salted foods and washed it down with plenty of wine.

The cereal mower worked non-stop from June till August. At the beginning of summer, in most towns and villages, you could find groups of men standing or sitting around in the square. They would sing and play the Jewish harp and carried a sickle used to mow wheat. They waited in the squares to be hired for a few days to assist farmers or other land owners in the harvest and thus earn a little money or food.
The fingers of their left hand were protected by gloves made out of cane, their wrist was wrapped in a leather strap and their index finger was covered by a thimble also made of leather.
The legs and the chest were covered by an apron made of rough cloth. They wore a large straw hat. Leaning forward they mowed the stalks of wheat and tied them into small bundles that they would lay on the ground as they went along.
It was a very hard job; they worked from dawn till dusk under a scorching summer sun.

GLEANING
The spigolatura was the search of the harvested fields for any ears of grain or other cereals that had been dropped or had not been taken during the harvest.
If the ears were still attached to the stalk, they would be collected and tied up in bunches. If they did not have a stalk they were put in a small bag that the peasant carried around his neck and shoulder. Eventually they all ended up in a large sack or container to have the grains removed by threshing them with a club in an improvised threshing floor.
Very little grain was recovered in this way, but every little bit counted and it helped in the end game of staving off hunger.
It was tradition, that after the sheaves had been carried from the fields, all peasants could search any fields belonging to others for any ears of grain that they might still lay there. Whatever they were able to gather, they had to share with the owner of the field.