Museo Etnografico di Aquilonia Beniamino Tartaglia

Aratura, semina ed erpicatura

Plowing, sowing and harrowing

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ARATURA
Consisteva nello scassare maggesi (rómb), nel rovesciare (vuta’) la terra con l’aratro e nel tracciare lunghi solchi per prepararla alla semina (arrussa’).
Nato dal perfezionamento della zappa, l’aratro ha subíto nei secoli modificazioni rivoluzionarie, che hanno consentito di ridurre la fatica dell’uomo e di accrescere la produttività dei terreni.

Inizialmente era tirato da persone; poi, da asini, muli e buoi senza collari. In seguito, l’invenzione di finimenti appropriati [collari (cuddràre), bilancini (velanzíne) e bilancioni (velanzóne)] permise di sfruttare meglio la loro energia pettorale per aprire solchi piú profondi e fare emergere terra piú fertile.
In principio l’aratro era costituito da un unico tronco di albero ad angolo ottuso: ad una estremità, l’impugnatura per la guida; all’altra, l’attacco per il tràino; ed al centro uno sperone che fendeva la terra, senza però rivoltarla sul solco precedente.
Successivamente, sullo sperone di legno fu inserito uno spuntone conico di ferro (ummaràle), piú resistente e capace di solcare piú profondamente il terreno, anche perché al tiro umano ormai si era sostituito quello animale. Occorreva, però, dopo la semina, ancora ricolmare i solchi con la zappa.

Dall’aratro in legno (pertecàra) si passò a quello in ferro con vomere ad orecchio, un pezzo trapezoidale con un lato tagliente che rivoltava il terreno coprendo con il solco successivo quello precedente. C’era l’inconveniente, però, che solcava sempre in una direzione, costringendo o a tornare ogni volta daccapo o a girare perimetralmente all’interno del rettangolo prima tracciato (pòrca o, se piú piccolo, purchitt), largo tanto da poter essere seminato a spaglio. Il solco centrale (scusetóra), che lo divideva in due bande, ed altri trasversali servivano per lo scolo delle acque piovane.

Si costruí poi l’aratro a doppio vomere incernierato (votaurécchia), che, utilizzato in luoghi scoscesi, consentiva di tracciare solchi attigui all’andata ed al ritorno, in entrambe le direzioni, riversando la zolla tagliata sul tracciato precedente.
Gli aratri in ferro erano dotati anche di coltro, un coltellaccio disposto verticalmente per pretagliare il terreno, rendendo piú facile l’azione del vomere.

L’aratore si serviva anche di un lungo pungolo di legno (véreha), fornito ad una estremità di una paletta di metallo (hraddràro), utile per liberare il vomere dalla creta; ed all’altra di uno staffile per i muli e gli asini (šcruiàto) o di un chiodo per i buoi.

ZAPPATURA
La zappa è lo strumento che ha accompagnato l’umanità in ogni tipo di coltivazione. Era un arnese di ferro (una larga e robusta lama leggermente ricurva) fissato ad un lungo manico di legno (stila), che serviva a scassare il terreno vergine o indurito dal caldo estivo, per consentirne l’azotizzazione e per liberarlo da pietre e male erbe; a dissodare il maggese (fa’ la mascésa) ed a frantumarne le zolle prodotte dall’aratura (accunza’); a scavare buche e fossi per l’impianto di viti e di alberi; a sarchiare i vigneti per una loro migliore aerazione; a scalzare e rincalzare le piante (scauza’ e accauza’); ad aprire solchi per piantare mais, patate, legumi ed ortaggi; ed a tracciare canali per l’irrigazione.
Se la terra era piú dura o sassosa, oltre che con la zappa, la si lavorava con il bidente (briénd), lo zappone ed il piccone (sciamarr).
Quando li si adoperava in terreni umidi e fangosi, li si doveva ripulire e liberare dalla creta con appositi piccoli coltelli di canna, legno o metallo, sempre a portata di mano (annettatúre).

SEMINA
Operazione con cui si spandeva il seme sul terreno, preparato con una seconda aratura a riceverlo.
I chicchi dei cereali, attentamente vagliati con appositi crivelli (cernicchie) e diligentemente selezionati (sívete) e liberati dai semi di piante selvatiche, venivano innaffiati la sera precedente con una soluzione protettiva di acqua e solfato di rame (vérdirama).
Collocati in un paniere largo e poco profondo, di vimini o di legno; o in un contenitore a forma di setaccio con un fondo in tela o ricavato da una particolare piegatura di un sacco di iuta (téla r’ardíca), i semi (àcene) venivano presi a manciate e lanciati a ventaglio dal seminatore che si muoveva quasi al centro della “pòrca”, con ordine e regolarità, in modo che tutte le parti del terreno ne ricevessero la stessa quantità. Infine, si arava una terza volta e si sbriciolava il terreno con la zappa (accunzava).
La semina a spaglio è stata quasi interamente sostituita da quella con seminatrici meccaniche.

ERPICATURA
Per sminuzzare le zolle prodotte dall’aratura e, soprattutto, per coprire uniformemente il seminato e ripulirlo dalle erbe tagliate o sradicate, si utilizzavano erpici di varia fattura e dimensione, trainati a mano o da asini, muli e buoi.
Nei tempi piú lontani, ci si serviva di un fascio di sterpi o di rami frondosi (frascúne), su cui si caricavano pietre per renderli piú efficaci; o di una trave disposta trasversalmente alla direzione dei solchi, spesso fornita di pioli di legno o di ferro fissati nella sua parte inferiore; o di un telaio triangolare o rettangolare o romboidale corredato, nella zona a contatto col terreno, di aste di ferro o di legno; o di erpici interamente in ferro, snodati e con trama di anelli disposti a maglia e dotati di corpi pesanti; o di un grosso rullo di ferro.
Per aumentarne il peso e per ottenere risultati migliori, a volte su tutti gli erpici salivano i contadini che ne regolavano il trascinamento.
Le operazioni di zappatura, aratura, semina ed erpicatura, che prima richiedevano intere giornate e qualche mese di faticoso lavoro, oggi si svolgono, in rapida successione, in poche ore.

PLOWING
It consisted of tilling the soil, turning over the earth with a plow and make long furrows so that the field could be sown.
The plow was derived from enhancements made to the hoe. During the centuries the plow has undergone several improvements that have made it easier to use and thus more efficient increasing the crop production of the fields.
Initially it was pulled by hand, later by donkeys, mules and oxen without collars. The invention of the harness allowed for a more efficient use of the animal pulling strength, increasing the depth of the furrows and contributing to the fertility of the soil.

SOWING
It consisted of broadcasting the seeds over the plowed and furrowed field. The cereal seeds were sifted and diligently separated from wild plant seeds. The day before sowing them a mixture of water and sulfate was sprayed on them to protect them.
They were placed in a large shallow bag that the peasant would wear and from which he would broadcast handful of seeds over the plowed field.

HARROWING
This operation was needed to break into smaller pieces the clumps of soil produced by plowing. Most of all it was done to smooth over the soil and to get rid of the loose or cut weeds left in the field. The peasants used harrows of different styles and dimensions, pulled by hand or by donkeys, mules or oxen.
In ancient times, the harrow consisted of a simple bundle of brushwood or a large leafy tree branch.
To improve the efficiency of the method, the peasants often rode on top of the branch, to increase the weight and control of the branch pressure against the soil.