Museo Etnografico di Aquilonia Beniamino Tartaglia

Religiosità popolare

Religious traditions

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La religiosità popolare era fortemente legata ai cicli agrari, i quali segnavano, attraverso l’alternarsi delle stagioni, il ritmo della morte e della rigenerazione del mondo vegetale ed avevano scansioni liturgiche arcaiche di profondo significato religioso. La coincidenza tra le necessità dell’uomo e le possibilità della natura davano al rito una chiara dimensione religiosa e l’espressione rituale del “sacro” diventava anche regola agronomica. Essa era sostanzialmente una religione naturale, i cui poli estremi erano la paura e la speranza:

  • la paura per tutto ciò che poteva compromettere, diminuire o distruggere i raccolti, la “roba” e la vita stessa;
  • la speranza nella bontà della natura e nelle forze benefiche della Divina Provvidenza.

I riti agrari ed il carisma della festività aiutavano il contadino a superare le paure; lo confortava l’implorazione dell’aiuto divino, che solo puó comandare e correggere il tempo meteorologico. Cristianesimo e mondo rurale, integrandosi ed osmotizzandosi, producevano comportamenti e regole di vita quotidiana di valore universale e la ciclicità del lavoro stagionale consentiva alla chiesa di formulare il suo calendario liturgico coerentemente con i princípi fondamentali della cultura contadina.

Nella religiosità popolare era forte l’esigenza di tradurre la propria testimonianza di credenti, al di là della preghiera, in manifestazioni tangibili, in gesti esteriori, in pratiche di culto, in precisi atti rituali, in una liturgia “drammatica” (non sempre conforme allo spirito del Cristianesimo ma tollerata), che richiedeva, da parte dei sacerdoti, una cerimonia ricca di movimento e di solennità, il piú possibile fastosa, ed una predica, tanto piú apprezzata quanto piú accesa ed altisonante; e da parte della gente, partecipazione fisica, con la sospensione del lavoro e la presenza in chiesa, con il seguire le processioni, l’andare in pellegrinaggio ed il vestire la divisa della Congrega.

Della liturgia a cui aveva preso parte, il fedele portava a casa anche un segno concreto che avrebbe usato come amuleto o talismano, in determinate circostanze: la candela della Candelora, le palme benedette, l’acqua santa, il fuoco di S. Antonio Abate, di S. Giuseppe e del Sabato Santo, la cenere delle Ceneri, le crocette dell’Ascensione, le croci con palme di S. Pietro Martire.

Inoltre, ci si toglieva il cappello e ci si segnava passando davanti ad una chiesa, ad un cimitero, ad una croce, a delle immagini sacre, in casa e fuori; si facevano offerte, si disponevano lasciti, si addobbavano le facciate della casa prospicienti le strade processionali, si partecipava, e non solo come comparse, alle sacre rappresentazioni, come quella del Venerdí Santo. Si entrava a far parte di Compagníe, Confraternite e Congreghe, con lo scopo di manifestare la propria devozione alla Madonna (Addolorata, Immacolata Concezione, del Rosario o di Pompei); di partecipare alle processioni organizzate in tutte le feastività; di portare il Crocifisso, grossi candelabri e particolari bastoni; di reggere il baldacchino sul celebrante o l’ombrellone sull’Ostensorio o sul Sacramento; di assistere i confratelli malati e di vestire quelli morti, di vegliarli e presiedere ai loro funerali solenni ed alla loro sepoltura.

A ricordo dei missionari-predicatori, si sistemavano croci o si costruivano Calvari, segno di penitenza. Anche i ringraziamenti per la cessazione di pericoli (siccità, temporali e grandinate) o le implorazioni per la prosperità dei campi erano momenti di forte solidarietà, pur nella netta separazione degli uomini dalle donne, in chiesa o all’aperto.

La festività, compresa la Domenica (la festa di precetto per eccellenza), coincidevano con l’inizio e la fine del ciclo agrario e con il compimento di un lavoro. Essa interrompeva il ritmo consueto dell’esistenza, concedeva una pausa di riposo, che si concretizzava in rito alimentare, in un banchetto domestico quasi sacrificale (cappone, agnello, capretto, tagliolini al latte) ed in una festa votiva (Messa cantata, predica, processione, pranzo comunitario, sagra, giochi e gare).

Fondamentali, nel lavoro contadino, le feste del solstizio d’estate (S. Giovanni) e di quello d’inverno (Natale), dell’equinozio di primavera (S. Giuseppe e/o la Pasqua) e di quello d’autunno (il nome di Maria), che avevano come centro il culto del sole, protagonista delle vicende agricole.

Accanto al suono delle campane per disperdere le nuvole minacciose; all’acqua benedetta per sconfiggere le forze malefiche; alle rogazione ed alle processioni di penitenza per proteggere il raccolto dalle grandinate; ai tridui (preghiere di tre giorni) per il sole o la pioggia; alle giaculatorie (brevissime invocazioni espresse in caso di bisogno); alle novene, ai santini ed agli scapolari, la religiosità popolare trovava la sua massima espressione nei pellegrinaggi santuariali, che garantivano la salvezza eterna, come il Giubileo garantiva l’indulgenza. Essi venivano organizzati nei mesi di Maggio (lavoro ridotto nei campi, in attesa della grande stagione del raccolto) e di Settembre-Ottobre (dopo il raccolto ed in attesa dell’inizio del nuovo ciclo agrario): i primi per chiedere la protezione delle mèssi e i secondi per ringraziare dei risultati ottenuti. Vi si andava a piedi o a dorso di asini e muli, viaggiando di notte, spostandosi in ginocchio su per le scale del Santuario e strusciando la lingua sul pavimento fino all’altare, per toccare e baciare la statua del Santo o della Madonna. Vi si ascoltava la Messa, si recitavano particolari orazioni, si cantavano in coro inni di lode e di ringraziamento e canti agiografici; poi ci si immergeva in una vera e propria kermesse popolare: acquisto di santini, amuleti, fettucce di stoffa e penne di gallina colorate, medagline e scapolari, dolciumi e souvenirs da regalare a parenti ed amici; il pranzo sull’erba con il cibo portato da casa; i motti ed i canti popolari; i giochi ed i divertimenti leciti; gli incontri con giovani di altri paesi; i venditori di fortuna ed i giocolieri; le bancarelle e gli ex voto.

Anche la festa del Santo Patrono, prima dell’inizio della mietitura, rientrava nei riti agrari di fine primavera (8 Maggio – Giugno), con rimembranze arcaiche paganeggianti: asta per il trasporto della statua; gare nel suonare il campanone della badía di S. Vito; benedizione degli animali; tre giri intorno alla “cappèlla”.

Si trattava, insieme con tanti altri (molti dei quali citati nei pannelli esplicativi dello stand), di comportamenti, atteggiamenti, riti e liturgie popolaresco-religiosi ormai defunzionalizzati dalla scomparsa dell’uomo-contadino e dal distacco dell’uomo moderno dal ritmo produttivo della natura. Anche la festa cristiano-contadina ha subíto una crisi profonda: quella dell’Assunta, che una volta cadeva in pieno raccolto, è diventata la festa (decisamente laica) dell’emigrante; quella dell’08 Settembre, la piú importante dell’anno, è assolutamente sottotono; ridotte o annullate le manifestazioni devozionali durante le ricorrenze (nel passato molto importanti perché collegate al lunario agricolo) di S. Antonio Abate, S. Sebastiano, S. Giuseppe, S. Pietro Martire, S. Giovanni, S. Pietro e Paolo, S. Gaetano. S. Donato. S. Rocco, S. Gerardo. Santa Lucia, Santa Caterina. È stata eliminata da anni la suggestiva sacra rappresentazione della Passione del Venerdí Santo; ridotta ad una semplice fascia la divisa, una volta ricca ed ambita, dei confratelli delle congreghe; eliminata l’asta per avere il privilegio di sostenere, con altri, sulle spalle il peso della statua del Santo Patrono per tutto il percorso processionale (si trattava quasi sempre di un voto per grazia ricevuta: tanti emigranti rientravano appositamente per realizzarlo). I morti non vengono piú sepolti sotto i pavimenti delle chiese o lungo il loro perimetro e la loro presenza spirituale ed i loro segni tra noi si sono fortemente affievoliti (la loro era la festa del Capodanno agrario: con la fine della semina, il chicco di grano imputridiva e moriva, ma contestualmente germogliava; iniziava un nuovo ciclo vegetativo: morte e rigenerazione).

Sono scomparse preghiere, giaculatorie, proverbi, detti sapienziali, cantilene, canti ed historiole, perché tutti legati alle attività rurali. La tecnologia e la meccanizzazione dell’agricoltura hanno permesso all’uomo moderno di violentare la naturale ciclicità, di forzarne il ritmo, di sconvolgerne gli aspetti e, quindi, di distruggere i legami con la liturgía religiosa.

The peasant religiosity was strongly associated with the agrarian cycles, which marked, through the changing of the seasons, the rhythms of death and regeneration in the vegetable world with liturgical and archaic roots of deep religious importance. It was essentially the religion of nature, which had at it opposite ends fear and hope.

  • Fear of anything that could compromise or even destroy the harvest and consequently life itself.
  • Hope in the goodness of nature and the benevolent force of Divine Providence.

The agrarian rites and the spirit of the feasts helped the peasant win over his fears and anguishes; he took comfort in beseeching divine intervention. Christianity and the rural world intermingled and influenced each other, giving rise to rules of behaviour in daily life that had universal values. The cycle of the seasonal work allowed the church to mould its liturgical calendar in coherence with the fundamental principles of peasant life.

In the peasant religiosity there was a strong need to translate belief well beyond prayers. It demanded visible acts, cult practices, precise ritual acts, in a “dramatic” liturgy (not always conforming to the spirit of Christianity, but always tolerated,) that required the priests put together a ceremony formal yet impressive, with a lot of pomp and circumstance and a good sermon. The more fiery and resounding this was, the more it was appreciated. On the peasant’s side, it sought their physical attendance at the feast, the stoppage of work in the fields, their presence in the church, their participation in the procession, pilgrimage and the wearing of the uniform of their religious congregation.

The faithful always took home a souvenir from the liturgy in which they took part. They used it as an amulet or a talisman in certain instances. They made offers, left supplications, adorned the side of the house facing the procession, and would participate in sacred re-enactments in the procession. They would join different religious congregations, religious confraternities and clubs with the goal to show their devotion to the Virgin Mary, to take place in the procession organized for all the feasts, to carry the crucifix, to assist congregations brothers who were sick, to dress for the viewing those who died, to be at their wake and funeral and give them a solemn burial.

In memory of missionaries-preachers, they would raise crosses or built “Calvarias”, showing their collective penance. Strong instances of solidarity amongst the members either in church or outside were the thanksgiving for the ending of a drought or the beseeching for a good harvest. Each feast, including Sundays, coincided with the beginning and the end of the agrarian cycles and the completion of field work. Feast broke the monotony of peasant life, if afforded a needed period of rest and the opportunity for a good meal or a banquet.

Of great importance to the work in the fields were the feasts that coincided with the summer solstice (St. John), the winter solstice (Christmas), the Spring Equinox (St. Joseph and Easter) and the autumnal equinox (The Virgin Mary), they had at its origin the cult of the sun, the most important factor in all things agricultural.

Along with the chiming of church bells, to push away dangerous hail clouds, along with the holy water to defeat the forces of evil, along with the processions of penance to protect the harvest from hailstorms, the peasant religiosity found it highest expression in the pilgrimage to the sanctuaries which promised eternal salvation.

Even the feast of the patron saint, before the harvest began, was part of the agrarian rituals of the end of spring (May 8th, June 15-16th).