ABBIGLIAMENTO ED ACCESSORI
Gli indumenti, soprattutto quelli maschili, erano rivoltati, ridimensionati e riciclati per i figli, fino alla loro totale inutilizzabilità, allorquando dai resti si potevano ricavare solo pezze per i rattoppi.
Le donne, anche d’estate, non andavano mai a pelle scoperta. Tranne l’ovale del viso e le mani, tutto il resto del corpo era nascosto da strati molteplici di biancheria.
Gli uomini prendevano l’abbronzatura “proletaria”: faccia, braccia e busto (tranne le parti coperte dalla canottiera, se e quando la indossavano). Dalla vita in giù mai al sole!
Il vestito della festa (di solito quello usato per le nozze) durava per l’intera vita e, spesso, veniva utilizzato per vestire il suo proprietario anche da morto. In genere, ognuno (femmina o maschio) prima di morire preparava e teneva da parte l’occorrente (li pann) per il giorno della sua morte, tranne le scarpe.
CORREDO
Era l’insieme della biancheria, degli indumenti e degli oggetti che la sposa riceveva dal padre per il suo matrimonio e di cui gli rilasciava, come ricevuta, una dettagliata nota sottoscritta, spesso con un segno di croce, insieme con lo sposo. Tale documento (la carta re li pann) veniva stilato, a volte in carta da bollo, da uno scrivano o dall’eventuale sensale che aveva combinato le nozze. Esso si apriva, solitamente, con l’affermazione che il valore indicato delle “cose“ donate alla figlia era un’anticipazione della quota di eredità che le sarebbe spettata e si chiudeva con il suo impegno a metterlo in collazione con gli altri eredi dopo la morte del padre, ad evitare sperequazioni tra i vari figli.
Alquanto sorprendente risulta, tra quelli elencati, la presenza percentualmente elevata (circa il 10%) di oggetti in oro, in un corredo ridotto all’essenziale se non addirittura povero: probabilmente, con fierezza, si voleva tenere alto il prestigio della famiglia e non fare apparire la sposa inferiore alle altre.
Il numero delle lenzuola indicava la consistenza del corredo (li pann a 6…8…10…12…15…), che era composto dai pezzi di biancheria personale, da tutti quelli del letto matrimoniale (gli scanni di ferro ed i tavolacci erano a carico dello sposo); dalla cassa per i panni (piú di rado, dal comò); dalla “rama“, il complesso del pentolame in rame; dalle stoviglie e dai piatti; dagli indumenti e dalle scarpe; eccezionalmente da una macchina per cucire.
Non vi mancavano il vaso da notte (pesciatúro) ed il càntaro (cacatúro).
Al corredo si aggiungeva la dote, generalmente in natura: un pezzo di terra da coltivare, un angolo di vigna, qualche olivo; oppure grano, vino, olio e/o lardo per un anno (per non dovere la sposa gravare, prima di produrli con il suo lavoro, sulla famiglia dello sposo).
CAPPELLAIO
Venditore ambulante di copricapi, attraversava paesi e contrade di campagna e frequentava fiere e sagre, offrendo cappelli di feltro (spesso barattandoli con prodotti della terra o permutandoli con quelli vecchi da rigenerare), oltre a copricapi di paglia (pagliètt), intessuti da abili mani femminili, e di stoffa (còppele), opera di sarti.
Organizzava la campagna di vendita delle “pagliètt” in primavera (prima che iniziasse la raccolta del fieno e dei cereali, quando i contadini si mostravano piú propensi al loro acquisto, pensando al caldo ed alla fatica che li attendevano nell’imminente estate); e quella dei cappelli e delle “còppele” all’approssimarsi dei mesi piovosi e freddi.
Girava a piedi, con un ingombrante carico sulle spalle; o con un carrettino a mano o trainato da un asinello; o in bicicletta, con sul portapacchi, in precario equilibrio, alte pile di copricapi. Sostando, mostrava gli articoli e ne illustrava e vantava i pregi.
La produzione artigianale di “pagliètt“, “còppele“, e “cappiéddr” è stata completamente assorbita dall’industria. Per rifornirsene, oggi ci si rivolge, in genere, a negozi specializzati.
L’attività commerciale del cappellaio girovago è rintracciabile solo in qualche mercato.
PANNAIUOLO
Era un mercante che, periodicamente, si trasferiva per un giorno in paesi e villaggi, in occasione di fiere e mercati, sagre e feste patronali, per
vendere tagli di stoffe (pannamènd), biancheria intima ed indumenti confezionati (pann cusúte e buóne). Accattivanti gli slogans pubblicitari, persuasive le argomentazioni ed efficace la sua parlantina, di cui faceva ampio
uso per vantare la sua merce e convincere gli aspiranti acquirenti. Ce n’erano anche di stanziali, con negozio fisso, che, oltre alle
stoffe ed alle confezioni, vendevano merceria minuta ed accessori attinenti al
vestire.
PARRUCCHIERA
Le contadine, giovani ed anziane, si pettinavano e si acconciavano da sole o, al massimo, con l’aiuto di qualche familiare o amica, anche perché, in ogni stagione, avevano il capo coperto da un fazzolettone (maccatúro), per difendersi dalle variazioni climatologiche.
Le donne che potevano economicamente permetterselo, ricorrevano periodicamente ad una “capera”, dotata di collaudate capacità professionali e di riconosciuta esperienza.
Si trattava di una parrucchiera ante litteram decisamente lontana dalla preparazione delle moderne estetiste in grado di offrire una vasta gamma di servizi, dalla pulizia del viso alla cura delle mani e dei piedi al trattamento diversificato della capigliatura.
La “capera” era invece una modesta lavoratrice che quasi mai tagliava i capelli (a volte si limitava a qualche “spuntatina”).
Il suo lavoro consisteva in energiche “strigliate” con un pettine a dentatura fittissima su entrambi i lati (sprecatúro), con cui raccoglieva ed asportava impurità e corpi estranei di varia natura ma soprattutto pidocchi, nel passato un genere di parassiti dell’intero corpo umano ma in particolar modo della testa molto diffusi e perniciosi, che poi distruggeva schiacciandoli tra le unghia sovrapposte dei due pollici; in una successiva pettinatura per restituire scioltezza e fluenza alle chiome; e nella veloce ed abile costruzione di grosse trecce che, con estrema perizia, organizzava e disponeva in maniera tale da ricavare un solido “chignon” (tupp), tenuto insieme da forcine e “ferriétt” e che le titolari portavano in giro in bella vista per sentirselo ammirare (chi bèllu tupp chi tiéne!).
Ovviamente la “capera”, frequentando numerose famiglie, era anche portatrice, spesso interessata, di notizie di fatti di circostanze e di situazioni che leggevano generalmente in maniera molto soggettiva, alimentando ed ingigantendo chiacchiere e pettegolezzi.
Ancora oggi, infatti, “capera” è sinonimo di incallita pettegola.
CLOTHING AND ACCESSORIES
Men’s clotheswere recycled from father to son to additional siblings till they were completely worn out, in which case they were used as materials to mend other clothing. Women, even in summer, never wore clothes that showed their skin. With the exceptions of hands and face all else was covered in multiple layers. Men got the ‘proletarian tan’ that is they got color on their face, arm and chest. But the skin from the waist down never saw the sun!
The Sunday garb (usually their wedding dress) had to last their entire life, and often enough, that was the dress they were buried in. Most peasants (male or female) when they felt death was approaching kept at hand the dress that they planned to be buried in, with the notable exception of the shoes.
DOWRY
The “corredo” consisted of linens, and other clothes or items that the bride received from her father for her wedding. She would then give her father a detailed receipt, listing all she had been given, with hers and her husband signatures; these were often simple cross signs. This receipt was notarized by the agent who had arranged the marriage.
The document was then opened and the value of the total items on the list was recorded. It would be counted as a part of the value of the inheritance that the daughter would receive from her father. This then was then listed as part of the will and inheritance so as to avoid bickering and fights among siblings after the father died.
Surprisingly enough, the corredo included often (10%) some golden objects, even where the rest of the clothing and other object were reduced to a minimum. This was probably done out of pride, to show that the family and the bride were not inferior to others.
The quantity of bed linen was the measure of the value of the corredo. The rest was underwear, (the groom was to provide the bedframe) clothes chests, potter ware, dishes, shoes and at times, but rarely, a sowing machine.
The corredo also included a bassinette and a “cantaro”. Along with the corredo, the daughter would receive a dowry. This often consisted of a piece of land, a section of a vineyard, some olive trees or a years’ worth of oil, wine, or lard.
THE HAT MERCHANT
He sold all types of head-wear and traveled the countryside to frequent the various fairs. He sold felt and straw hats, usually woven by skilled women’s hands or tailored cloth.
In the spring he would start a campaign to sell straw head coverings. As the cold and rainy months approached, he sold hats and berets.
He traveled on foot with a large sack on his back and a small cart pulled by a donkey.
THE CLOTHES MERCHANT
The “pannaiuolo” was a clothes merchant that went from village to village to sell cloth, linen, underwear and various other clothing items. He would visit a particular village on its market days, patron saint days, feast days and other such occasions. He was particularly skilled at coming up with slogans, arguments and other crafty speech that would entice the customers to make a purchase.
HAIR-DRESSER
The peasant women combed and set their own hair. Rarely they would enlist the help of a girlfriend or a family member, since most of the time their hair was hidden under a kerchief. Thishead covering they was worn all year long to shelter them from the weather.
The women that could afford it would go to a hair dresser (pennatrice).She was supposed to be skilled and experienced in this art. But she would rarely cut hair.
Her skill consisted in the ability to forcefully brush hair with a fine two sided metal comb. In such a way she gathered and removed all lice. She then gave a second brushing to loosen and smooth the hair, so it could be gathered into pigtails.
Often the hair-dresser, since she went from house to house to do her work, was always making chit-chat and spreading rumors throughout the village.
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