Mondo magico

La magìa come irrazionale era considerata costantemente presente nelle persone (dalla nascita alla morte), nella casa e nelle cose (il termine derivava da Magi, sacerdoti persiani che realizzavano le guarigioni con l’uso di poteri soprannaturali).

L’incombere minaccioso di entità negative sullo svolgersi della vita quotidiana rivelava una situazione di insicurezza, tra ansia, accumuli di tensioni, risentimenti, odi dissimulati e disgusti repressi, in cui le pratiche magiche funzionavano quali strumenti di intervento su una realtà instabile e precaria che richiedeva di essere continuamente controllata e dominata. Si ricorreva alle “praticone”, alla strega ed alla fattucchiera perché neutralizzassero le forze occulte e malefiche che “legavano”, cioè bloccavano il dispiegarsi delle cose secondo cadenze ordinate e naturali. Ci si rivolgeva anche al Santuario, al prete ed all’esorcista che, con un’azione magica e cerimoniale, imbrigliava e sconfiggeva l’entità estranea ed ostile, facendole subire il tormento dei suoi suffumigi, degli amuleti, delle formule e dei gesti rituali. Il ricorso alla magia si giustificava come richiesta di protezione psicologica per fronteggiare la miseria, le malattie e le incertezze della vita di tutti i giorni.

La magìa era distinta in magìa bianca, che aveva scopi benèfici; in magìa nera, dai poteri diabolici e malèfici; in magìa omeopatica, fondata sul principio che il simile produce il simile (si gettava acqua sulla statua del Santo per ottenere la pioggia); e magìa contagiosa, basata sulla convinzione che basti anche un momentaneo contatto perché una forza benefica o malefica si trasmetta da una persona all’altra. Per guarire dal male di milza, si appendeva in casa una milza di agnello sul camino e si credeva che il male regredisse man mano che essa si disseccava. Costante era l’uso di strumenti apotropaici, come amuleti e talismani; e assai diffuse erano le azioni e le situazioni magiche: iettature, fascinazioni, malìe, incantesimi, incantamenti, discese e possessioni demoniache, invasamenti, legature, fatture, condizionamenti, incubi, sogni e presenze strane.

Molteplici, ed ovviamente magici, i tipi di intervento e gli antidoti: esorcismi, scongiuri, controfatture, polverine inebrianti o calmanti di varia composizione (droga paesana), domestici additivi, campestri eccitanti (per accendere fantasie proibite, sogni impossibili ed atmosfere di eccessi e sfrenatezze carnali), unguenti, erbe “miracolose”, intrugli, cibi e bevande manipolati, sangue mestruale: il tutto accompagnato, per creare un’atmosfera di ambigua sacralità, da formule magiche e da orazioni speciali per ogni male.

Non mancavano le divinazioni del futuro: chiromanzia, oniromanzia, astrologia, cartomanzia, piromanzia e negromanzia.

Protagonisti del mondo magico erano: il mago, l’orco, l’incantatore, il folletto, il licantropo, la fattucchiera, l’esorcista, la “masceiara”, la “ianara”, gli indovini e, soprattutto, la strega.

Vecchia, brutta e povera, sola e costretta a vivere in qualche catapecchia, dai capelli lunghi e spettinati, dalle vesti sudicie e dallo sguardo duro, la strega era guardata con sospetto e temuta. A volte vittima innocente, a volte approfittava delle dicerie per campare. Se ne temevano gli sguardi, il tocco della mano, il contatto, le parole: si identificava con la paura contadina per tutto ciò che poteva accadere di negativo. Ritenuta in possesso dell’arte di fare del male, era considerata responsabile di mali inspiegabili ed inguaribili (come il rachitismo) e della sfortuna costante, che diffondeva con fatture, filtri, unguenti e pozioni. Ci si difendeva ricorrendo alla benedizione del prete, al sale sparso sulla soglia di casa, agli amuleti ed ai talismani a protezione delle persone, degli animali e delle abitazioni; agli scongiuri, alle giaculatorie, all’acqua santa ed ai segni di croce. La strega era a portata di mano: viveva tra la gente, era conosciuta ed additata ai piccoli perché se ne guardassero. Le figlie incontravano grosse difficoltà a trovare marito.