Museo Etnografico di Aquilonia Beniamino Tartaglia

Terapie empiriche

Empirical therapies

Scegli la lingua

L’uso delle piante per scopi curativi è una pratica antichissima che l’uomo ha copiato dagli animali, che da soli, istintivamente, sono portati a cercare ed a trovare nelle erbe un sollievo ai loro malesseri ed al loro dolore. Frutti, fiori, foglie e radici non solo erano un prezioso alimento ma significavano anche antidoti e rimedi ai mali. Molte consuetudini e pratiche popolari, usanze culinarie e terapeutiche erano profondamente legate alle erbe offerte dalla natura, che i nostri avi raccoglievano nei prati e nei boschi o coltivavano nell’orto e le cui qualità e virtú il contadino e la vecchietta, analfabeti ma saggi ed esperti, hanno tenuto vive e tramandate per via orale di generazione in generazione, per secoli.

Del mondo vegetale si aveva una conoscenza, se pure empirica, molto estesa e specifica. Il grande impiego delle piú disparate erbe nella cucina del passato aveva carattere di medicina preventiva e curativa: mangiando erba si mangiava salute! Molte erbe che erano usate come cibo sono ora alla base di moderni farmaci: la scienza medica piú recente ha riconosciuto ai vegetali usati per secoli come medicinali i requisiti che i nostri antenati avevano loro attribuito e che poi un troppo affrettato giudizio aveva negato.

Ai prodotti vegetali si aggiungevano, correntemente, quelli animali (sugna, lardo, escrementi, urina, saliva, latte) e minerali (cenere, fango, sale, zolfo). Si faceva uso anche di sottoprodotti fisiologici ributtanti (capelli, mestruo, urine umane, lordizie di orecchio e naso, “racca” di cappello, ragnatele, sterco e sudiciume degli organi genitali) e di animali ripugnanti (cimici, pulci e pidocchi).

Dalla gravidanza all’infanzia, alla giovinezza, alla maturità, alla vecchiaia e fino al momento della morte, in ogni epoca del ciclo della vita, c’erano rimedi per tutte le malattie, da quelle cardiovascolari a quelle respiratorie, da quelle della riproduzione a quelle del sistema nervoso, da quelle dell’apparato digestivo-urinario a quelle del ricambio, dalle intestinali alle infettive, dalle fratture alle ferite.

I contadini avevano tanta esperienza delle cose naturali e conoscevano cosí bene la loro efficacia terapeutica che si curavano da sé, nel modo piú autonomo possibile; e le donne producevano con le proprie mani rimedi salutiferi contro ogni tipo di patologia, utilizzando tutto ciò che era alla loro portata. Quando i malanni erano piú seri, si ricorreva ai guaritori alternativi, agli “irregolari”, ai botanici, ai “magnattari”, al barbiere (per il salasso e per l’estrazione dei denti), alla “vammàna”, ai praticoni o, in caso di fratture e lussazioni, all’aggiustaossi: tutti terapeuti che, per secoli, hanno assicurato l’assistenza sanitaria di prima istanza (e spesso l’unica). Solo in casi gravissimi ed estremi, quando si profilava la minaccia di morte, ci si rivolgeva al medico. All’ospedale si andava solo eccezionalmente.

La morbilità e la mortalità infantili, spesso molto diffuse e ricorrenti, immunizzavano sufficientemente la popolazione superstite e le assicuravano, generalmente, buona salute e lunga vita.

Tuttavia, l’ambiente fisico non sempre favorevole (il clima capriccioso, le vicende meteorologiche imprevedibilmente mutevoli, l’altitudine, la distanza dal mare, i venti quasi costanti di tramontana o borea (verevendana o vòria), e rabbiosi e freddi; l’umidità e l’aridità eccessive, la piovosità irregolare e la siccità frequente); le abitazioni (monolocali polifunzionali) insalúbri e malsane, nelle quali si era costretti a vivere in una totale promiscuità tra persone ed animali, prive di acqua e di servizi igienici, tra fetori di ogni provenienza ed insetti fastidiosi, topi e scarafaggi; la sottoalimentazione o una alimentazione non razionale, priva delle necessarie dosi di proteine e vitamine; le condizioni igieniche assolutamente precarie, incerte e problematiche; il lavoro, in molti periodi dell’annata agraria, defatigante e senza orario; e l’esposizione continua alle variazioni climatiche ed alle forti escursioni stagionali o tra il giorno e la notte, senza alcun tipo di precauzione o di protezione: il tutto, spesso in concomitanza, dava luogo ad un ventaglio di patologie, che venivano affrontate in vari modi:

  • con infusi, decotti, enoliti, suffumigi, impacchi, impiastri, bagnature, stoppate;
  • con l’evacuazione dei “veleni”, attraverso mignatte, salassi, sudorazione, diuresi, defecazione, salivazione ;
  • con l’uso di panni, bevande e mattoni caldi; del caldo della stalla e di purganti;
  • con un’alimentazione abbondante e molto sostanziosa per ripristinare le forze e la vitalità dell’organismo.

L’efficacia terapeutica dipendeva spesso dall’effetto “placebo” ed era quasi sempre favorita dall’immuno-risposta offerta dalle difese naturali del corpo malato.

Moltissime persone guarivano naturalmente, ma tutte quelle che si erano date da fare a provare diversi rimedi attribuivano il merito della guarigione all’ultimo, segnandone il successo per lungo tempo.

The use of plants to cure illnesses is a very ancient practice. Fruits, flowers, leaves and roots were not only precious food, but were antidotes to cures all ills. Our ancestors gathered herbs in fields, woods or they grew them in gardens. Peasants and old ladies, even though they were illiterate, were experts in the medicinal values and virtues of each plant and passed this oral knowledge along from generation to generation.

By far the most popular use for these herbs was in preventative and healing medicine. Many of these are now found in our drugs. Modern science has confirmed the validity of the medicinal properties that our ancestors attributed to these plants throughout the centuries.

Along with plant products they also added animal products (congealed lard, lard, excrements, urine, saliva, milk) and mineral products (ash, mud, salt, sulphur). Other animal/human and rather disgusting products were used as well (hair, menstrual blood, human urine, nose snot, ear wax, spider webs, dung, and sweat and dirt from the genitals) and even creepy insects (bugs, fleas and lice).    

There were remedies for all ailments including fractures and wounds. The peasants had so much experience with natural world and knew so well the value of its therapeutic properties that they were able to use them to cure themselves. The women would prepare remedies for all maladies. When the ailment was more serious they would seek out the help of alternative healers, botanists, leeches, barbers (for bloodletting and pulling teeth), the obstetrician. In the case of fractures or dislocations, they sought the “bone-straightener” or chiropractor; all practitioners that for centuries have assisted with the peasant’s health. Only in extremely severe cases they would go see a doctor and only in exceptional and rare cases one would go to the hospital.

The changing weather conditions, the cold winter winds from the north, the inconstant rainfall, the frequent dry spells, the unhealthy and dirty households where they had to live with other members of the family as well as their animals, lacking water and the most basic services, with foul smells, annoying insects, mice and cockroaches, malnourishment, hygienic condition of the lowest level, all of this produced a wealth of ailments that were dealt with in several ways:

  • Infusions, decoctions, wine extracts, smoke outs, packing, plastering and bathing.
  • Letting out the ‘poisons’ through leeches, bloodletting, sweating, diuresis, defecations and salivations
  • Using warmed up cloths, drinks or even warmed up bricks, the heat from the stable and laxatives.
  • Eating plenty and hearty food to give strength to revitalize the body.

The success of these remedies was mostly due to the “placebo” effect and it was always thanks to the immune system and the natural defences of the body that the person recovered.