La musica ed il canto hanno sempre accompagnato e lenito le fatiche dell’artigiano e del contadino e ne hanno contraddistinto soprattutto le occasioni liete: nozze, festività religiose e laiche ed incontri conviviali. Hanno altresí contribuito a colmare il vuoto e la solitudine di giornate interminabili di pastori, carrettieri, mietitori, mondine, lavandaie e ricamatrici.
Chi ha però dato un contributo notevole all’invenzione ed alla evoluzione degli strumenti musicali è stato il pastore. Nella monotona ripetitività dei suoi comportamenti, nei tempi e nei ritmi lunghi e lenti dei suoi movimenti, nell’ozio inevitabile in una attività come la sua, egli cantava, fischiava e costruiva rudimentali strumenti capaci di riprodurre i suoni della natura. Gli bastava uno stelo vuoto di erba o di mais o di pianta di zucca, un gambo secco di grano o di fiore, una costola di ortaggio, un peduncolo di pianta selvatica, delle foglie verdi di granturco, dei petali di papaveri o di rosa, un ramo di sambuco o qualche canna.
Strumenti piú complessi, di produzione artigianale ed industriale, entravano man mano ad allietare la vita della gente: alcuni, dilettanti, vi intonavano motivetti in voga, strimpellando spesso a caso; altri, orecchianti, cercavano, e qualche volta trovavano, il ritmo giusto nella loro abilità e nell’intuito musicale; pochi, i “bandist o musechiére”, suonavano con l’aiuto del pentagramma. I piú numerosi erano i suonatori di armonica a bocca, uno strumento adoperato dall’infanzia alla vecchiaia; i piú popolari e richiesti erano i suonatori di organetto (quatt bass).
Accompagnavano ariette e serenate, strofette e cori. Con i ballabili, animavano e ritmavano quadriglie e tarantelle, polke e mazurche; allietavano le aie e sostenevano, con facili armonie, la voglia di divertirsi delle allegre brigate.
La maggior parte degli strumenti era a fiato: fischietti (frešchiétt), flauti (fràule) e zampogne di canna, di sambuco, di terracotta e di metallo; raganelle di canna o di legno (‘nzirl); crepitacoli (taròzzele) di forme e dimensioni diverse; armoniche a bocca (sunètt) o a mantice (recanètt), trombe e flauti per bande musicali. Presenti anche quelli a percussione: piatti (‘nzinzí), tamburi di latta o pelle, timpani e recipienti di metallo capovolti. Piú rari quelli a corda (anche di nervi di fallo di mulo o bue): chitarre, mandolini e violini.
I nostri antenati suonavano e, soprattutto, cantavano. Noi, oggi, ascoltiamo passivamente qualcuno che suona o canta (o finge di farlo!).
Music and song have always accompanied and lessened the burden of the hard work of artisans and peasants. Music and song underscoredhappy occasions such as weddings, religious and civil holidays and many others. They helped to fill the void of hard and long workdays in the lives of shepherds, peasants, harvesters, laborers, seamstresses, and such.
But the major contributor to the invention and evolution of peasant music was the shepherd. He was alone for many long hours tending his flock. To amuse himself he would sing, whistle and experiment in making musical instrument with whatever was at hand. He’d turn a stalk of corn, a stem of wheat, the petals of flowers, leaves and canes into musical instruments. These he played to the delight of the peasants.
Some shepherd played by ear, very few in truth had any musical training. The most popular were those who could play the mouth-harp or the small accordion called quattrobassi.
They used these musical instruments to accompany serenades or choruses.
They played at folk dances such as quadrilles, polkas and more. They would play even during the harvest to help the village people make merry.
Our ancestors did play music, but above all, they sang.
Per fornire le migliori esperienze, utilizziamo tecnologie come i cookie per memorizzare e/o accedere alle informazioni del dispositivo. Il consenso a queste tecnologie ci permetterà di elaborare dati come il comportamento di navigazione o ID unici su questo sito. Non acconsentire o ritirare il consenso può influire negativamente su alcune caratteristiche e funzioni.